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Articolo 2086 e Controllo di gestione

Articoli 2086 e controllo di gestione: Un nuovo modello organizzativo per le imprese

L’articolo 2086 c.c. secondo comma è stato aggiornato aggravando le responsabilità degli amministratori di società sia individuali che collettive.

Temo tuttavia che la norma non sia stata ancora metabolizzata dal nostro sistema economico in quanto, solo apparentemente, non incombono obblighi specifici e di scadenza per le imprese micro e piccole che non ricadono nella definizione di nano-imprese (Fatturato e capitale investito pari a 20.000 euro e 20 dipendenti).

Tutte le imprese comunque che si trovano con parametri al di sotto di questi valori, devono garantire la “continuità aziendale” che in altri termini significa avere tutta le risorse monetarie per fronteggiare le uscite per un periodo di 12 mesi.

Tutti coloro che hanno aperto una società a responsabilità limitata sanno che esiste quella che viene chiamata l’autonomia patrimoniale perfetta delle Srl.

Si tratta di quel meccanismo che protegge i beni dell’imprenditore che l’ha fondata, dai debiti contratti dalla sua società, facendo sì che non debba essere chiamato a rispondere di essi e a porvi rimedio con il suo patrimonio personale.

L’Art. 2086 del Codice Civile si occupa proprio di questo punto, ma nel corso degli anni ci sono state diverse modifiche dovute alla riforma della legge fallimentare.
Questa autonomia, quindi, seppur rimane valida, non è più automatica.

Cosa riporta oggi l’articolo 2086 del Codice Civile:

«L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».

Legge fallimentare e controllo di gestione

In sostanza, l’imprenditore, essendo considerato il capo dell’impresa, ha il dovere e la responsabilità di dotare la propria azienda di un’organizzazione efficiente sotto tutti i punti di vista (creazione di un organigramma, processi di gestione amministrativa e contabile) e che questo assetto sia anche in grado di rilevare in modo tempestivo i problemi e le crisi d’impresa.

Una volta che questi problemi sono stati rilevati, l’imprenditore deve immediatamente adottare uno dei provvedimenti previsti dalla legge per cercare di superare la crisi e fare in modo che l’azienda possa proseguire la sua attività regolare.

Se non agisce in questo modo, verrà considerato responsabile dei debiti e dell’eventuale fallimento della sua azienda.

Di conseguenza, dovrà provvedere utilizzando il proprio patrimonio personale.

Questo avviene anche in caso di mancata rilevazione dei problemi, perché (lo abbiamo letto nell’articolo) è dovere dell’imprenditore far sì che la sua azienda abbia tutti gli strumenti e le risorse necessarie per monitorare costantemente il proprio stato di salute e di efficienza.

Gestione dell’impresa: cosa può fare l’imprenditore

Per poter mantenere l’autonomia patrimoniale perfetta, l’imprenditore deve dotarsi di un buon sistema di controllo di gestione ed avere così, costantemente sotto controllo, l’organizzazione e lo stato economico-finanziario della propria azienda.

Deve accertarsi altresì, che il personale che se ne occupa, operi secondo i criteri di continuità aziendale che l’Art. 2086 indica.

Per farlo può utilizzare degli indici che lo aiutino a capire se la società è in uno stato di equilibrio:

  • DSCR (Debt Service Coverage Ratio), ovvero un indicatore che misura la capacità dell’impresa di far fronte a impegni finanziari certi, grazie a un flusso di cassa positivo stimato per i 12 mesi successivi, (precedentemente erano stati fissati solo 6 mesi)
  • L’equilibrio tra il patrimonio netto e il capitale di terzi; La presenza di ritardi ripetuti e significativi nei pagamenti dei fornitori, dell’IVA e/o dei propri dipendenti.

Indici e controllo di gestione

Queste norme nascono per permettere di distinguere, in fase di crisi, l’imprenditore sfortunato da quello fraudolento, ma devono essere ben note a chi si occupa di fare impresa per non rischiare di dover pagare di tasca la scarsa conoscenza degli aggiornamenti di legge.

Purtroppo nella prassi, le nostre aziende, hanno poco seguito criteri di gestione aziendale caratterizzati dall’analisi finanziaria e dal controllo di gestione. Questa carenza, diffusa anche nelle realtà aziendali più importanti, ha sempre generato andamenti gestionali aleatori e con totale mancanza di un monitoraggio gestionale che ne garantisse l’efficienza.

Il ruolo del controllo di gestione in questa nuova norma

Il ruolo di questa norma rivisitata, ha un valore enorme e che riesuma la finanza aziendale e nella fattispecie il controllo di gestione.

Nello specifico, si richiede di mettere in pratica il budget di tesoreria, strumento essenziale per la previsione dei flussi monetari e che garantisce il monitoraggio delle entrate e delle uscite monetarie per un periodo adesso “aggiornato” a 12 mesi.

In altri termini uno strumento “derivato” dal budget del conto economico che a sua volta è preceduto dal business plan o piano d’impresa (triennale o quinquennale).

In realtà questo tipo di algoritmo procedurale, è strutturato nei seguenti steps:

  • Business plan
  • Budget Economico
  • Budget Finanziario.

Come nella medicina, anche noi professionisti, abbiamo le nostre specializzazioni. Lo status di commercialista e/o di revisore non deve direzionarsi verso una certa tuttologia di fare e saper fare tutto, i risultati sarebbero nefasti.

Il sapere fare è un’arte, non un arrangiamento cimentandosi in ruoli desueti che minacciano le sorti dell’impresa. Gli economisti di impresa e/o aziendalisti o esperti di finanza aziendale, rinunciano al ruolo despecializzato di fare tutto, preferendo operare nel proprio ambito consapevoli di operare in un’area tecnica più ristretta ma molto delicata.

E’ quindi importante oggi per l’imprenditore, identificare le (skills) competenze del professionista incaricato nella delicata questione di attivare un piano aziendale che possa garantire il going concern e cioè la continuità aziendale attraverso la verifica ed il monitoraggio del business tradotto però in flussi finanziari, gli unici deputati a potere prevedere i movimenti monetari in entrata ed uscita dell’impresa.

Visione olistica dell'impresa

 

Per le aziende già esistenti, e quindi in funzionamento, non si può prescindere dall’analisi di bilancio, report fondamentale per stabilire la storia ma anche il punto di partenza dell’azienda.

“Last but no least”, ultimo ma non per importanza, il posizionamento dell’azienda. Non possiamo prescindere dal ciclo aziendale e dal mercato. L’azienda è un fenomeno complesso che coinvolge diverse discipline:

  • Economia aziendale
  • Strategia
  • Problem solving
  • Neuroscienze
  • Marketing e tanto altro

Non possiamo prescindere da una visione “olistica”.

Come approcciare questa opportunità

Negli ultimi vent’anni il termine “olistico” è entrato prepotentemente a far parte del linguaggio comune: medicina olistica, massaggio olistico, cibo olistico, centro olistico, operatore olistico, visione olistica e così via, fino ad arrivare ad azienda olistica, approccio olistico al Management.

Per approccio olistico, in ambito aziendale, intendiamo prendere in considerazione l’azienda nella sua interezza e nel suo complesso delle relazioni, ovvero l’insieme di cui fa parte, pena l’impossibilità di comprenderla e affrontarla in modo corretto ed efficace.

Solo con questa tipologia di approccio sarà possibile prendere le redini dell’azienda garantendo una gestione efficace ed efficiente e consolidando la continuità aziendale ed il successo nel mercato di riferimento.

 

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